Il disturbo da Attacco di Panico
Cos’è il panico
La nostra epoca ha prodotto nuovi disturbi psicopatologici che mostrano una richiesta allarmata di identità. Le persone desiderano avere più forza e autoaffermazione, maggiore fiducia in sé e adeguatezza ad affrontare il mondo: in poche desiderano più autostima. L’attacco di panico ha inizio con un esordio che separa il prima dal dopo: un incidente, una delusione, una separazione. Da quel momento le persone vivono temendo il pericolo ad ogni passo. Prima il soggetto si sentiva una persona normale, con un’immagine di sé caratterizzata da sicurezza, intraprendenza e fierezza. La costruzione di un’immagine idealizzata colma il vuoto all’interno della struttura del carattere nel tentativo di acquisire illusioni d’identità. Vengono quindi a mancare esperienze concrete e vitali di contatto, di condivisione, di apertura, di abbandono e allentamento delle tensioni, della forza vera e della creatività. La costruzione di tale immagine nel tempo dello sviluppo ha tentato di risanare le antiche ferite narcisistiche producendo una sorta di doppia identità da cui scaturisce una personalità artificiosa e quindi fragile. Il soggetto è solo superficialmente sicuro di sé e fa una valutazione continua del proprio valore. Nasconde in tal modo la grande fragilità interiore. Nel panico si ha la sensazione di “cadere da un piedistallo”, un crollo che segue al venir meno dell’illusoria e “superiore” identità.
Emerge un profondo senso di vuoto e il tempo e lo spazio sembrano dissolversi in un cupio dissolvi estraniante. L’identità era prodotta dal “sembrare” e non da un ’”essere” reale:“non sono più me stesso”, pensa la persona.I sintomi del panico (vertigini, tachicardia, fame d’aria) sono sentiti come assurdi e incomprensibili. La realtà a cui la persona credeva va in frantumi. Si hanno sensazioni strane e pensieri irrazionali: all’improvviso ci si ritrova con un corpo che sembra impazzito e con una mente fuori controllo. La persona, impotente e terrorizzata, avverte allora il terrore di perdere la ragione. Anche il mondo appare estraniante, non sembra più lo stesso. Si sviluppa così, per arginare l’angoscia, un comportamento di evitamento da luoghi e situazioni sentite rischiose.
Perchè il panico
L’organismo umano – nella sua interezza psicosomatica- durante lo sviluppo in situazioni di disagio si ripiega in se stesso. Per proteggersi dal mondo esterno ostile o inospitale è costretto a reagire perdendo in tal modo spontaneità e flessibilità. Nello sforzo adattativo e nel dover rispondere alle richieste esterne la sua stessa vitalità si va man mano indebolendo. L’alterazione delle funzioni vitali delinea col tempo un tratto caratteriale, un insieme di caratteristiche particolari che contraddistinguono la persona. Il tratto caratteriale col tempo colonizza la mente e le emozioni, i muscoli e le ossa, contrae le viscere, influenza la postura e influenza il metabolismo fisiologico. La perdita di mobilità dell’organismo è generata dalle alterazioni delle funzioni psicocorporee. Si modificano le sensazioni, le emozioni, il pensare e muoversi: cambia il tono muscolare, il battito cardiaco, il sistema immunitario, le soglie percettive, il respiro. L’eccesso cognitivo e razionale, l’impoverimento emotivo, la staticità della postura e la pressione sul fisiologico producono una rottura dell’integrazione psicosomatica: è da questa esperienza di discontinuità che scaturisce l’attacco di panico.
Una patologia del vuoto
Le persone vivono esposte al senso di precarietà: economica, di appartenenza, di senso del vivere fino alla precarietà dei legami affettivi. Il malessere contemporaneo può essere considerato come “una patologia del vuoto”. Dietro l’apparire c’è l’assenza, il panico e il vuoto: una sensazione di perdita di gravità e di deserto esistenziale abitato solo dal batticuore e da una compressione al petto che toglie il respiro. L’individuo si percepisce come unitario e integrato, quindi come continuità e identità, quando c’è il senso di pienezza che si realizza attraverso le necessarie e nutritive esperienze di tutti gli aspetti della vita –affettiva, relazionale, creativa – e la soddisfazione dei bisogni fondamentali. Senza un vissuto completo la persona non avrà radici stabili; se i bisogninon sono stati soddisfatti nelle relazioni primarie e nell’esplorazione del mondo nei primi anni dell’esistenza l’organismo perde l’integrazione originaria.
Nell’attacco di panico il senso di continuità psicosomatica vive una interruzione del tempo vissuto dove sembra non esistere né passato né futuro ma solo un interminabile e angosciante momento presente. Nell’attacco di panico si vive l’esperienza, breve e acuta, di depersonalizzazione che è, insieme alla paura, il sintomo per eccellenza di tale psicopatologia. L’incrinarsi della dimensione spazio-temporale fa perdere la centralità dell’io. Le attività quotidiane appaiono prive di senso.
Il panico – paradossalmente, ma come avviene ogni altro sintomo di disagio – offre un’occasione per riconsiderare le proprie scelte di vita al di là della paventata sicurezza e autostima. I sintomi del panico chiedono più lentezza, più calma e silenzio, meno immagini, più ascolto, il sapersi abbandonare, il mettersi in pausa, la rinuncia alla ricerca ossessiva di stimoli. Il panico ci invita a una ricerca più profonda e consapevole del significato dell’essere “persona” nella nostra epoca. Una ricerca necessaria non solo al singolo individuo ma in generale all’uomo contemporaneo. La crisi vissuta nel default dell’identità può indicare il percorso per ri-trovarsi e uscire dalle costrizioni della finzione di sé.